Storia d’amore di un cane maltrattato

Succede talvolta che un insieme di coincidenze più o meno banali si susseguono in uno stretto arco di tempo e queste strane combinazione favoriscono incontri che poi ispireranno grandi cambiamenti
Sembra la prefazione di una storia d’amore e in effetti lo è, anzi più esattamente sono una serie di storie d’amore intrecciate fra loro che ne fanno una. Questa è una storia d’amore fra due ragazzi, un cane abbandonato, un paese della Sardegna che preferisce farsi chiamare città e per ultimo io, che sono stato solo testimone di questa incredibile avventura e proverò a raccontarvela.
Il 2013 sarà ricordato come uno degli anni più piovosi della storia e in quei giorni a Bosa pioveva ininterrottamente da una settimana. Il mio umore non era dei migliori, non solo a causa del meteo, ma anche perchè mi ero ritrovato solo e le cose non sembravano girare nel verso giusto.
Di tanto in tanto uscivo e mi capitava di incontrare una meravigliosa cucciola che mi seguiva invitandomi a giocare con qualunque cosa le capitasse nel breve tragitto. Era l’unica in quel periodo che mi faceva sorridere e inevitabilmente nacque un rapporto d’affetto e complicità nonostante avesse già un padrone.
Il cane apparteneva a un vicino che l’aveva presa come giocattolo per il figlio piccolo che ben presto se ne stancò e l’abbandonò facendogli fare una vita praticamente randagia.
Una mattina la vidi zoppicare vistosamente, venni a sapere che il padrone l’aveva colpita perché era entrata in casa e aveva rubato del cibo, un’altra volta la vidi completamente fracida mentre cercava un posto per ripararsi dalla pioggia. Decisi perciò di occuparmene io, ma doveva essere una cosa momentanea perché viaggiavo spesso e non potevo portarla con me. Andai dal padrone per assicurarmi che non ci fossero problemi se me ne fossi occupato io, ma inspiegabilmente rifiutò.
Cercai di non perdermi d’animo ma visto la situazione dovevo cambiare atteggiamento, tentai perciò di distaccarmene lentamente. Ma fu inutile, nonostante i miei sforzi, ogni mattina immancabilmente la trovavo scodinzolante sul ciglio della porta cercando di attirare la mia attenzione. Cosa avreste fatto al mio posto? La tenni a casa mia cercando di non farmi scoprire dal vicino, la curai, cercai di educarla, ma era una signorina con una certa personalità e non era molto propensa a farsi comandare. Stranamente verso sera, diventava dolcissima e affettuosa e passavamo ore bellissime a giocare e a farci compagnia.
La maggior parte delle religioni afferma che gli animali non hanno un’anima, ma ho vissuto vari episodi che dimostrano che questa teoria è discutibile. Quel giorno infatti, avevo la febbre molto alta e lei rimase quasi tutto il giorno vicino a me senza uscire, mi leccava in continuazione, non si staccava da me neanche quando andavo in bagno, avevo la sensazione che avesse capito che stavo male. Quella sera guardammo un film del regista Taiwanese Ang Lee dove una delle protagoniste più affascinanti del film si chiamava Jchen e la chiamai così dato che tutti dicevano che era brutta ma per me era bellissima, proprio come in quel film.
Jchen cominciava a essere territoriale e abbaiava furiosamente a qualunque estraneo si addentrasse nella via, non ha mai morso nessuno ma per chi non la conosceva, incuteva un certo timore. Un paio di volte prese anche della biancheria dei vicini per giocarci, un’altra volta le scarpe. Questi episodi procurarono una certa antipatia nei suoi riguardi e qualunque cosa succedesse era sempre colpa sua. Spiegai che era ancora cucciola e di portare pazienza, ma fu tutto inutile minacciavano di farla rinchiudere nel canile o addirittura avvelenarla. Cercai di farla uscire il meno possibile sperando che la rabbia dei vicini si affievolisse, ma la cucciola era vivacissima ed era impossibile tenerla a casa.
Temevo per la sua incolumità. Cominciai così a cercarle un padrone, chiedendo a conoscenti e amici, tutti promettevano, ma in pratica nessuno riuscì a aiutarmi.
Tentai con annunci sui social media, presi tanti “MI PIACI”, condivisioni, commenti appassionati ma neanche l’ombra di chi volesse adottarla. Ero veramente preoccupato perchè non poteva più rimanere da me a lungo.
Così arrivarono loro, i nostri eroi: Bettina e Peter, due ragazzi tedeschi venuti dalla lontana Amburgo per passare qualche giorno nella nostra Bosa.
Inizialmente ci fu un rapporto di distaccata cordialità, ma Jchen non badò molto alle formalità e prese subito molta confidenza con Bettina. Di solito abbaiava agli estranei, era diffidente (sarda è), ma non lo fu mai con Lei. Bettina è una ragazza con degli occhi e un sorriso dolcissimi, Peter un carattere saggio e gentile, assomigliava tanto a mio grande amico che non vedo ormai da anni. Così mi feci coraggio e chiesi di adottarla dato che io non potevo prendermene cura e rischiava di passare la sua vita in un triste canile. Inizialmente credo che l’idea fu considerata bizzarra e mi diedero le classiche giustificazioni: non abbiamo tempo, abitiamo in appartamento, ma la scusa indiscutibile era che abitavano in Germania e anche se avessero voluto era troppo complicato portarla con loro. Già, perchè mai una coppia tedesca che vive a 1700km di distanza da Bosa dovrebbe adottare un cane bosano. Semplice, perchè quel cane ti cambierà in meglio la vita, e quando pronunciai questa frase come d’incanto si accese timida speranza. Il giorno dopo ci salutammo e rimanemmo che mi avrebbero saputo sapere, ma era la tipica frase di chi ti vuole dire di no in modo gentile.
Nel frattempo, Jchen cresceva e oltre alle tantissime gioie mi dava anche molti dolori. L’avevo abituata a dormire in una stanza vicino la mia e quella sera si gratto in continuazione a causa di una brutta ferita che si era procurata giocando con un gatto. Sfortuna volle che proprio sotto quella stanza soggiornavano degli ospiti un po’ insofferenti che la mattina seguente mi fecero presente un rumore incessante per tutta la notte. Mi scusai cercando di spiegare la situazione ma le loro facce non promettevano nulla di buono. Infatti, dopo solo un paio di giorni, trovai la loro recensione in uno dei siti più famosi che si lamentavano della notte insonne a causa del cane. Fu la prima recensione negativa e il bed and breakfast dalla prima posizione scese drasticamente. Ero veramente abbattuto, perchè mi ero affezionato ma mi rendevo conto che non potevo abbandonarla ma allo stesso tempo non potevo permettermi che simili episodi del genere si ripetessero.
Così mentre bevevo il mio caffè mattutino, trovai un’e-mail di Bettina la quale mi scriveva che da quando era tornata in Germania aveva pensato molto a quel cane e avevano deciso di adottarla e se non fosse un problema per me sarebbero tornati a Bosa entro una quindicina di giorni.
NON CI POTEVO CREDERE!!!
Lessi l’e-mail tre volte e alla quarta esplosi in urlo liberatorio e abbracciai Jchen che abbaiò divertita come se avesse capito che stava succedendo qualcosa di importante. Scrissi subito a Bettina, ringraziandola e di non preoccuparsi che avrei pensato io a tutto. Immaginate, erano disposti a prendersi delle ferie, spendono soldi per l’aereo, spostamenti vari, ecc per prendere un cane randagio in Sardegna, come se in Germania non c’è ne fossero.
Iniziò la corsa contro il tempo, contro la burocrazia, contro il vecchio proprietario, contro tutto e tutti ma ormai ero vicino al traguardo e dovevo correre più veloce possibile. Non immaginavo però che nonostante tutti gli ostacoli che avevo già superato l’ultimo era quello più duro: la burocrazia.
Per espatriare dall’Italia un cane devi avere un passaporto oltre altri certificati che dimostrano le buone condizioni di salute. Sembrava che lo stato Italiano improvvisamente si fosse interessato a questo cane mentre prima l’unica soluzione che proponeva era una squallida gabbia in un triste canile. Passai ore, giorni a girare per uffici, Usl, veterinario ma i documenti sembravano non finire mai. Mancavano pochi giorni al loro arrivo e se non fossi riuscito a farmi consegnare la documentazione in tempo, probabilmente non sarebbero mai più tornati. La cosa più difficile e contraddittoria era il passaporto. Oltre a inserire i dati del padrone la legge prevede anche il codice fiscale. Codice fiscale per il passaporto di un cane? In Germania però non esiste il codice fiscale e automaticamente non si poteva stampare il passaporto. Non vi dico come abbiamo aggirato il problema, ma vi assicuro che c’è l’abbiamo fatta.
Nel frattempo risposi a quella brutta recensione scusandomi dell’accaduto invitandoli a trascorrere un’altro giorno da noi spiegando che non potevo lasciare un cane ferito nella strada e se fosse tornati non avrebbe avuto più gli stessi problemi dato che il cane era stato adottato da una coppia di tedeschi. Dopo poche ore dalla pubblicazione della mia risposta scoppiò il finimondo. Ricevetti in continuazioni telefonate di persone che si complimentavano chiedendo di soggiornare da noi solo per solidarietà, una signora addirittura voleva fare una donazione spontanea, molti mi invitarono a trascorrere un soggiorno da loro, ma quella che toccò di più fu una telefonata di Gaia una bambina di 6 anni. Non mi aspettavo tanta solidarietà e più questa storia andava avanti e più mi rendevo conto come da un fatto negativomi stava regalando un’esperienza unica.
Il giorno dell’arrivo dei tedeschi stava arrivando e il passaporto non era ancora pronto e feci i salti mortali, ma chi la dura la vince e alla fine c’è la feci e i tedeschi arrivarono.
Li aspettavamo di fronte la casa e quando si avvicinarono Jchen corse loro incontro, credetemi non lo faceva con tutti anzi molto spesso abbaiava o scappava.
Passammo tre giorni insieme, rafforzammo l’amicizia, gli diedi dei consigli e poi venne il giorno della partenza. Jchen non voleva partire, faceva fatica a mettere il guinzaglio, puntava i piedi non voleva entrare in macchina. A me il compito ingrato di tirarla e metterla in gabbia con la forza, mi costo molto ma era per il suo bene. Quando la macchina partì mi vennero in mente tutti gli episodi di questa storia e con un po’ di malinconia pensavo che fosse finita e che quella piccola peste mi sarebbe mancata tantissimo. Ma la storia non finisce così, Bettina e Peter di tanto in tanto mi scrivevano delle e-mail per dirmi come stava andando la loto vita con il cane.
All’inizio è stato difficile addomesticarla ma la determinazione germanica e soprattutto il loro amore, hanno fatto si che Jchen diventasse ubbidiente. La chiamarono BLU in ricordo del nostro Bed and Breakfast e di questa avvincente avventura.
Poco prima di natale, ricevetti un’email da Bettina : “Caro Sebastiano, ti auguriamo un Buon Natale… con molta gioia ti informiamo che abbiamo deciso di sposarci e abbiamo scelto Bosa per festeggiare quest’evento…” . Mi commossi un po’, uscii di casa, ricordo che nevicava forte fu una serata memorabile, avevo la sensazione di essere stato parte di qualcosa di importante che raramente la quotidianità ti permette di fare.
Così Peter e Bettina il 3 ottobre si sposeranno a Bosa nel Castello dei Malaspina e naturalmente BLU li accompagnerà e sono sicuro che Bosa gli darà quel caldo abbraccio che meritano.
La storia finisce qua, non voglio rovinare tutto con qualche frase già fatta o con la solita solfa moralista, ognuno tragga le sue conclusioni, sono convinto che questa storia possa dare molti spunti di riflessione sotto vari punti di vista.
Ringrazio i fratelli Toro che abitano in via Muruidda vicino a me, persone veramente speciali che hanno aiutato e amato questo cane quanto me e che alla sera non dimenticano mai di mettere fuori il piattino con l’acqua e un po di cibo per i cani e gatti randagi, il Sig. Madeddu che mi ha dato una grossa mano per ottenere i documenti e ogni volta che lo ringraziavo rispondeva: “Dovere!” Il veterinario Biccai, che con molta professionalità e umanità mi ha sostenuto e per finire tutti quelli che mi hanno deriso e ostacolato perchè hanno rafforzato la mia determinazione.

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